Storie Indigene: Alessandro Florio, artista siciliano, autentico.
Alessandro Florio, artista siciliano, autentico.
Taormina, ottobre 2021. È una mattina dal tepore autunnale, sul Corso Umberto si respira come sempre un’aria vacanziera. Un caffè veloce, e imbocchiamo la via che costeggia la chiesa di Santa Caterina e il piccolo teatro romano. A pochi passi da lì, l’artista e tatuatore Alessandro Florio ci aspetta nel suo laboratorio. “É solo un luogo temporaneo”, dice mentre fa strada al suo interno, ma la musica di una chitarra messicana dai toni tranquilli e dilatati ce lo fa sentire già perfetto. Ed è così.
Il sole illumina la stanza che ospita i suoi quadri attraverso una grande vetrata e le immagini balzano fuori dalle tele per condurre, con la semplicità delle loro forme e l’intensità dei colori, in un “altrove” in cui suggestioni antiche siciliane si mescolano alla memoria indigena dell’artista. È parte del paesaggio interiore di Alessandro Florio che oggi percorre le due strade artistiche del tatuaggio e della pittura, considerata il felice punto d’arrivo di una ricerca iniziata molto tempo fa.
– Se mi guardo indietro mi rendo conto che ho sempre cercato attraverso vari tentativi la forma espressiva più giusta per me. Ho iniziato come musicista suonando la chitarra in un gruppo, poi sono diventato tatuatore quasi per caso… è stato un successo, ma non mi sono fermato. Ho continuato a lavorare sull’immagine con gli acquerelli, i colori ad olio e infine con gli acrilici, che prediligo per la loro immediatezza. Oggi sento di poter affermare che, ormai, è alla pittura che appartengo.
Il tatuaggio dà grandi soddisfazioni ma è anche molto impegnativo. Tra tatuatore e cliente si crea un rapporto intimo che passa attraverso lo stress del sangue e della sofferenza anche per intere giornate.
Dipingere è un’urgenza profonda che mi riconsegna a me stesso. A volte scappo via da dove sono per venire a rintanarmi qui, mi lascio andare all’ispirazione e l’immagine arriva insieme ai miei colori: il verde lamino, il rosa, i rossi. E così inizio di getto un quadro, lo finisco, lo appendo. Solo dopo arrivano le parole che gli danno un significato, un titolo.
Ho un legame viscerale con i miei quadri. Quando mi capitava di venderli, all’inizio, vivevo male il distacco, ma un giorno qualcuno mi disse “L’arte deve girare, si deve condividere” e piano piano mi sono abituato.
Avere una lista di commissioni però mi destabilizza. Mi piace che i miei quadri arrivino lontano ma non voglio che la pittura diventi un lavoro di routine. Per questo evito di dare date di consegna e ogni due commissioni mi fermo e dipingo un quadro per me.
Sicilia, sicilianità e ricerca sono i tratti essenziali della tua arte. Cosa significa vivere in un’isola
– Vivere in un’isola mi fa sentire diverso, privilegiato. L’isola ha un grande fascino: è circondata dal mare, e la gente, per raggiungerla, deve farlo appositamente. La Sicilia è stata sempre molto ambita e per questo invasa, colonizzata e dominata da Fenici, Greci, Arabi, Normanni e altri ancora. I nostri dominatori ci hanno lasciato un ricco patrimonio culturale che siamo stati molto bravi ad assimilare, forse perché abbiamo il dono dell’accoglienza. Ho letto che gli Arabi stanziati in Sicilia, quando vennero cacciati dai Normanni lasciarono qui un pezzo di cuore…
Cosa è per te “siciliano autentico”?
– Rifarsi alle proprie radici. Io rivisito la tradizione secondo la mia chiave personale e affettiva. Tutto nei miei quadri è siciliano: gli scecchi, le giare piene di arance o di fiori, i leopardi, persino i cani delle classiche mattonelle in ceramica con la scritta “cave canem”.
Mi rifaccio al passato senza “imitazione” e cercando di rimanere grezzo, il realismo e la tecnica non mi interessano. Preferisco un’immagine imperfetta, anche trasfigurata: non ha senso rincorrere la perfezione perché questa appartiene solo a Dio.
Quanto ti senti indigeno?
– Dalla testa ai piedi. Un indigeno fortunato, anche perché ho avuto una famiglia che mi ha lasciato sempre libero di essere ciò che volevo. Grazie al mio lavoro viaggio tanto, sono stato in India, in Giappone, in sud America. Ma ogni volta che prendo il volo di ritorno per Catania mi emoziono. Perché è qui che amo e devo stare. Vivere nel mio villaggio, parlare siciliano con gli amici, portare i fiori a mia moglie… Qui, a Taormina. Tempo fa una ragazza straniera mi disse che in questo luogo c’è una congiuntura speciale di situazioni astrali, esoteriche. E ne sono convinto: Taormina è misteriosa, magnetica e ha in sé un’energia particolare, unica. Indigena…