Storie Indigene: Salvatore Rodolico, un Indigeno d’eccezione.
Salvatore Rodolico, un Indigeno d’eccezione
Amaro Indigeno non è un semplice amaro, è anche il distillato di un’idea, di un modo di essere.
Essere indigeni, vivere su un’isola, lasciarsi guidare dalla sua natura, dalla fascinazione dei luoghi e della storia che essa racconta.
Un’idea forte, ben incarnata da certi “Indigeni d’eccezione” che abbiamo conosciuto.
Inauguriamo la nostra galleria di indigeni speciali con Salvatore Rodolico, 84 anni, “mastro d’ascia” dichiarato tesoro umano vivente e inserito nel registro delle Eredità Immateriali della Regione Sicilia.
Lo abbiamo incontrato ad Acitrezza, luogo che profuma di mitologia e di letteratura, e ci ha raccontato di sé. Del sogno che è riuscito a realizzare, dell’impegno profuso nel lavoro e dell’orgoglio di essere siciliano e rappresentante di un’arte quasi estinta in cui antichi mestieri e ingegneria navale si fondono dando vita a imbarcazioni perfette, di grande bellezza.
– Noi Rodolico di Acitrezza siamo maestri d’ascia da cinque generazioni: duecentotredici anni di lavoro. Possiedo ancora due fatture che risalgono a un passato lontanissimo, una del 1808 e una del 1908, fatta da mio nonno per la costruzione di una barca che trasportava persone all’Isola Lachea, che già da allora apparteneva all’Università di Catania. Per diventare maestri d’ascia si deve sostenere un esame alla Capitaneria di Porto. Impostare la costruzione di una barca è un lavoro assai delicato, non si può sbagliare. Una volta finita la barca, il momento della verifica in acqua è decisivo. Equilibrio, perfezione e armonia sono requisiti essenziali.
Salvatore ci racconta della sua passione per le barche, una passione non solo ereditata ma vera e personale, e del suo sogno ambizioso che ha fatto spiccare il volo al cantiere navale di famiglia negli anni sessanta, un salto qualitativo che gli ha fatto vendere barche in tutta Italia.
-Da bambino stavo sempre con mio padre e mio nonno, li osservavo mentre lavoravano. Costruivano “sardare” barche a vela e a remi, per andare a pescare alici e sarde nel Golfo di Ognina. Mi appassionava tanto quel lavoro, e desideravo portarlo avanti, fare di più, andare oltre. Ho pregato Dio di farmi costruire una barca più grande di quelle che avevano fatto loro. Realizzata la barca, “magari ca mureva, non mi interessava”. E Dio mi ha aiutato: ho costruito grandi pescherecci che mi hanno commissionato da tutta l’Italia. E sono ancora qui, vivo, a raccontarlo.
Ripercorrendo affetti e pezzi di vita che gli fanno brillare gli occhi racconta di quanto sia stato aiutato e sostenuto nella vita dalla moglie Pina, madre dei loro quattro figli, per la quale ha parole commoventi.
– Quando mi trovavo da solo, lontano da qui, mi mancava la famiglia, soprattutto mia moglie. Da giovane era bella, ma ora lo è ancora di più. Sessantatre anni di matrimonio, siamo stati sempre insieme, uniti, lei ha curato la contabilità della nostra attività. Un giorno le ho fatto una sorpresa: ho preso una nostra vecchia foto, l’ho fatta incorniciare con una dedica e gliel’ho regalata. Amo tutta la mia famiglia ma lei è davvero speciale, un vero tesoro. Forse esistono donne come lei ma, migliori, certamente no.
La famiglia Rodolico vive ad Acitrezza da generazioni, esiste anche una via Rodolico, proprio dove si trovava la vecchia sede del cantiere navale che oggi si trova vicino al porticciolo, di fronte all’Isola Lachea. Salvatore, insieme i figli Nuccio e Giovanni, custodiscono con orgoglio un mestiere antico e un patrimonio di ricordi che hanno dato forza all’identità di un paese.
Quando gli chiediamo quanto si senta “Indigeno” si apre in un grande sorriso reso ancora più radioso dalle rughe del volto, scavate dal sole e dal mare.
– Indigeno tutta la vita! La mattina, appena sveglio, mi affaccio dalla terrazza di casa, guardo il mare e i Faraglioni e mi commuovo ancora. La natura li ha creati bellissimi, perfetti e allineati. Li vedrò finché Dio vorrà. Peccato avere già ottantaquattro anni e non… ventiquattro.